Tutto si rompe dentro le mura, non fuori
È estenuante lottare contro la cultura del proprio paese quando quella cultura è ormai diventata parte delle persone a cui sei legato dal sangue e che, proprio per questo, ami quasi per obbligo. Perché una cosa è combatterla fuori, lontano da casa, un’altra è ritrovarsela tra le mura domestiche, nei gesti quotidiani, nei silenzi. Ogni tentativo di dialogo sembra morire subito, come se le parole rimbalzassero contro un muro invisibile che però separa davvero, senza appello. Li sento così lontani ormai che mi domando chi siano davvero queste persone che continuo a chiamare la mia famiglia. E allora mi chiedo chi siano stati in passato, visto che per anni ho avuto un’idea completamente diversa di loro. Ancora oggi, quando li vedo persi in cose inutili e mi ripeto con rabbia “non sono stupidi, perché non capiscono?”, mi ritrovo davanti a quel dubbio che non se ne va: “e se invece lo fossero sempre stati? Se non avessero mai avuto davvero le risorse mentali per vedere più in là del loro orizzonte chiuso?” Quel pensiero mi lacera, perché porta con sé un’altra domanda che non riesco a ignorare: “allora chi erano davvero? Perché io li ho sempre visti in un altro modo?” Ma quel dubbio non lo voglio accettare. Ed è lì che arriva la delusione e onestamente fa quasi ridere, perché alla fine è tutto capovolto: per tutta la vita ho avuto il terrore, poi la convinzione, di essere una delusione per la mia famiglia. Prima per mia madre, perché non sono riuscito a salvarla dai suoi fantasmi, né a riempirla di quell’amore che cercava ovunque. Poi per mio padre, perché non ho mai raggiunto quei traguardi che, a detta sua, dovevo raggiungere (e quindi non ho mai raggiunto un po’ di riconoscimento da parte sua). Ma non era vero. Ora invece sono io quello deluso. Perché loro non hanno rispettato le aspettative che avevo verso di loro. Ma forse abbiamo sbagliato tutti. E forse il mio sbaglio pesa di più, perché probabilmente ho più strumenti (più lucidità) e dovrei essere capace di non ricadere in certi automatismi. O almeno così credo. Chi lo sa. Dopo una vita intera vissuta qui, posso dire solo una cosa con certezza: la cultura e l’educazione del Sud non sono altro che una forma di violenza lenta, radicata, sottile, fatta di controllo e sopraffazione.